Il confezionamento in atmosfera modificata

Fonte: torinoscienza

 

L’aria che respiriamo è normalmente costituita da circa il 21% di ossigeno ed il 78% di azoto ed il restante 1% da gas minori, tra i quali l’anidride carbonica è presente per meno dello 0,05%. Le ossidazioni (comparsa di gusti e/o odori anomali), l’irrancidimento dei grassi, gli imbrunimenti ed altre modificazioni di colore hanno la loro causa principale nelle reazioni dell’ossigeno con i costituenti dell’alimento e la maggior parte dei microbi che possono contaminare gli alimenti (muffe, batteri acidificanti, intorbidanti e fermentanti) hanno bisogno, chi più (aerobi) e chi meno (microaerofili), dell’ossigeno per riprodursi e moltiplicarsi.

Precursore nella storia del packaging funzionale è stato il condizionamento in atmosfera modificata. Con questa tecnologia si crea all’interno delle singole confezioni un’atmosfera diversa da quella ambientale, con proporzioni di particolari gas che non sono quelle normalmente presenti in natura. I gas d’imballaggio comprendono ossigeno, azoto e anidride carbonica, che sono i più comuni , ma ci sono anche argon, elio e protossido di azoto, che vengono considerati dalla legislazione europea come additivi alimentari.

Per la pasta fresca ad esempio l’atmosfera modificata è composta normalmente in percentuali variabili dal 70 al 100% di anidride carbonica e la restante parte di azoto, mentre per gli affettati si sceglie una miscela al 50% di azoto e al 50% di anidride carbonica, e per le carni rosse miscele con grande prevalenza dell’ossigeno ( dal 65 all’80%) e il resto di anidride carbonica.

La conservazione in atmosfera modificata di fatto non garantisce una maggiore conservabilità, ma piuttosto permette una migliore presentazione del prodotto, perché si mantengono più a lungo certe caratteristiche che sono percepite dal consumatore come indice di freschezza: ad esempio, la carne di bovino di un colore rosso vivo piuttosto che tendente al rosso scuro. Sotto l’involucro della confezione, le cellule dell’alimento e la microflora presente sulla sua superficie interagiscono con i gas che le circondano. La CO2 ad esempio può agire inibendo l’idrolisi delle pectine ed evitare i conseguenti fenomeni di fluidificazione.

Le molecole proteiche, gli enzimi, i grassi cellulari hanno reazioni chimico-fisiche diverse se l’atmosfera da cui sono circondate è l’aria che si respira o piuttosto miscele di gas selezionati. Ad esempio, occorre conoscere preventivamente la solubilità dell’anidride carbonica, uno dei gas più utilizzati, nell’alimento che si intende confezionare in atmosfera modificata. In generale, la sua solubilità dipende in modo diretto dalla temperatura (a basse temperature è massima) e perciò la temperatura di conservazione è un elemento determinante sull’efficacia di questo tipo di confezionamento. Ma occorre anche tenere presente che il gas, dissolvendosi nel prodotto, si combina con i diversi componenti del prodotto alimentare in modo lento ma irreversibile e tende ad abbassare il pH con ripercussioni, come la denaturazione di enzimi, che possono causare cambiamenti sulle caratteristiche organolettiche del prodotto, come l’odore.

La presenza di determinati gas ha anche influenza sullo sviluppo dei microbi che si trovano sulla superficie dell’alimento: alcuni ne possono trarre vantaggio, altri al contrario ne sono inibiti. La CO2, che ha un effetto batteriostatico, inibisce in modo particolare i microrganismi GRAM – , come Escherichia coli, mentre ha un’azione meno forte sulla crescita dei GRAM +, come i germi del genere Bacillus, molto diffusi negli alimenti, e nessun effetto su lieviti.

L’involucro stesso (pellicola, vaschetta,ecc.) può presentare, per sua natura, una diversa reattività e porosità alle molecole gassose dell’atmosfera modificata: può lasciarle transitare verso l’esterno più o meno facilmente se è fatto di materiale più o meno permeabile, anche in funzione della temperatura ambientale. Per questo motivo gli imballaggi moderni sono costituiti per la maggior parte da polimeri plastici che devono possedere una bassa permeabilità gassosa, requisito che devono essere in grado di mantenere alla temperatura alla quale avviene la conservazione dell’alimento. Insieme con il materiale d’imballaggio, anche la scelta della macchina e del sistema di confezionamento costituiscono elementi che condizionano fortemente l’efficacia dell’operazione, perché agiscono sulla tenuta della confezione, che deve essere ermetica, e sul mantenimento della miscela di gas al suo interno.

La dicitura “atmosfera protettiva”, introdotta dal DPCM 311/1997, è sinonimo di MAP (Modified Atmosphere Packaging) e si riferisce alla conservazione mediante l’ impiego di gas di imballaggio consentiti. L’adozione di questo sistema di conservazione deve essere dichiarato in etichetta, così come stabilisce il recente Regolamento Comunitario relativo all’etichettatura dei prodotti alimentari, che stabilisce che il termine “atmosfera protettiva” compaia obbligatoriamente tra le indicazioni in etichetta quando la durata del prodotto è stata prolungata grazie a gas di imballaggio.

L’uso della MAP, come già ricordato, non deve essere concepito nell’ ottica di risanare il prodotto o di migliorarne le caratteristiche qualitative, ma come un’ operazione tecnologica da abbinare ad ulteriori trattamenti (come la refrigerazione) per aumentare la durata.

Per approfondimenti

http://www.pubblicitaitalia.com/cocoon/pubit/riviste/articolo.html?idArticolo=5581&Testata=3

Il confezionamento in atmosfera modificataultima modifica: 2009-06-17T08:40:00+02:00da bibendum3
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